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Commitment to innovation.

Federico Marsili

Responsabile Settore Emissioni/Aria

Quale è stata la più grande lezione che hai imparato come Manager?

Essendo stato il prototipo del Responsabile “pluriaziendale” all’interno del gruppo, ricoprendo il ruolo di responsabile di settore Aria/Emissioni di LabAnalysis Environmental Science, ho il piacere di lavorare quotidianamente con un team corposo di collaboratori diretti e indiretti.

Come Manager ho compreso il fatto che gli obbiettivi aziendali ed il “gruppo di lavoro” sono la cosa più importante. Perciò, interiorizzare problematiche, carichi, responsabilità e attività non è mai la cosa giusta, anche se a volte sembra di aiutare gli altri. Bisogna distribuire per gestire al meglio. Non si deve ragionare sull’”io”, ma sul “noi”. Sul gruppo del settore. L’ho capito con l’esperienza e con il tempo.

Quando c’è un conflitto, come lo gestisci?

Dipende che direzione ha, se è tra altre persone, o nei miei confronti – può capitare, nessuno è perfetto! (ride, ndr) A oggi sono a una “versione 3.0”, perché sicuramente il Federico che quattordici anni fa è entrato a far parte del gruppo era diverso da quello di oggi, negli atteggiamenti e nella gestione delle problematiche. Ad oggi, cercherei, ovviamente, in prima battuta di analizzare in modo oggettivo il contesto che ha portato alla discussione, mentre in seconda battuta cercherei di far ragionare gli interlocutori al fine di trovare una soluzione positiva per tutti, ma soprattutto positiva per la crescita dell’azienda. Invece, nel caso in cui la segnalazione fosse fatta a me, sulla base dell’esperienza formata su errori commessi in passato, cercherei di analizzare la genesi del conflitto per capire effettivamente se ciò che lo ha generato è unidirezionale o bidirezionale, quindi se devo migliorare qualcosa io, o magari entrambi.

Come motivi la tua squadra?

Stimolo la mia squadra quotidianamente e, quando vedo che entusiasmo ed energia iniziano a calare, cerco di capire cosa possano fare loro ancora per me, per l’azienda, per il gruppo.

Cerco di comprendere quale è il potenziale di un collaboratore, e pianifico una strategia personalizzata per creare nuovi stimoli. Cerco di dare sempre delle idee nuove a coloro che sembrano predisposti ad accettare delle nuove soluzioni, mentre con persone un po’ meno dinamiche, cerco di spronarle, pur rimanendo in certi limiti.

Cosa ti piace e cosa non ti piace del tuo lavoro?

Il mio lavoro è un lavoro di responsabilità, quindi, è impegnativo: o ti piace, o non lo fai. O lo fai talmente male che duri poco; nel privato c’è poco margine per sbagliare. A me, però, il lavoro che svolgo è appassionante e stimolante. Mi piace avere a che fare con le persone, con la chimica, con gli strumenti, con i processi industriali, con i problemi quotidiani. Sono, infatti, questi ultimi a mettermi alla prova, perché un buon responsabile, un buon professionista, deve in ogni momento dimostrare di essere sul pezzo dando evidenza che il proprio operato dia il valore aggiunto. Non posso nascondere che risolvere una situazione complessa mi entusiasma particolarmente, perché significa che qualcuno non ci è riuscito, magari anche già dopo confronti, e poi arriva a me. Il mio obiettivo, quindi, diventa supportare il mio team, ma soprattutto i miei clienti che sono la linfa del mio lavoro.

L’unico aspetto a volte difficile sono i ritmi. Sapere di avere più tempo per sé stessi sarebbe bello, ma si sa che quando si ricoprono certi ruoli, i tempi personali spesso sono ridotti.

Comunque, ho imparato a sfruttare il tempo al meglio. Oggi posso dire di aver imparato ad avere un buon equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Come è stato gestire lavoro e famiglia durante la pandemia?

Nel mio caso, io ho due figli: Ilaria, di 7 anni, e Leonardo, 5 anni. Sono stupendi, sono proprio belli: tutti la mamma (ride, ndr). Durante la pandemia, sia mia moglie, sia io, abbiamo lavorato, ma, a differenza di lei, io potevo farlo da remoto. Quindi, mi sono ritrovato a gestire le criticità lavorative e quelle di casa contemporaneamente. Dall’essere una sorta di middle manager che viaggia sempre, mi sono ritrovato a stare in casa, e la cosa era nuova per me. Ho dovuto gestire, quindi, delle criticità uniche al lavoro, perché nessuno aveva mai vissuto qualcosa del genere – e oggi possiamo dire di aver superato molto bene quella situazione -, ma ho dovuto anche capire come gestire due bimbi piccoli mentre il mondo fuori sembrava dovesse andare a rotoli. Avere a che fare con due cuccioli, sempre in casa, non è stato facile. A un certo punto ho messo a dura prova la mia sopportazione, ma il mio lavoro mi ha insegnato a trovare sempre delle soluzioni, e così ho fatto, organizzandomi gestendo in modo ottimale il tempo per il lavoro e quello da dedicare ai figli.

Com’è la tua giornata-tipo?

Ad oggi è divisa tra gli incontri con i clienti e quelli con i collaboratori. Tutto ciò è poi corredato dall’impegno per lo sviluppo del settore, ovvero nel cercare di capire l’andamento del settore, le innovazioni presenti sul mercato ed eventuali ed ulteriori sviluppi. Seguo anche il discorso della qualità, tra l’altro, essendo responsabile per le emissioni devo occupare in prima linea anche di questo. Si tratta di una routine molto gestionale.

Ci racconti il tuo viaggio scientifico?

Nasce da piccolino: a sei anni, forse sette, ho fatto i miei primi esperimenti. Mi ricordo un’estrazione di clorofilla dalle piante; o un piccolo esperimento in cui sono riuscito a far funzionare un videogioco elettronico portatile, collegandolo ad una serie di limoni e barrette di zinco e rame; e il fascino per tutto ciò che riguardava la scienza, tanto che, a volte, preferivo i documentari ai cartoni animati.

Da lì, poi, ho seguito il percorso scolastico scegliendo di studiare come perito chimico ad Ascoli Piceno, e poi come Chimico Industriale all’Università Sapienza di Roma, consolidando le mie conoscenze, nonostante le difficoltà economiche superate, anche grazie alle sei borse di studio vinte negli anni ed al lavoro svolto durante le festività.

Inoltre, ho sempre avuto un forte senso di responsabilità e un’attitudine agli aspetti gestionali, perciò, anche se non ho mai chiesto di fare il Responsabile, mi è stato sempre proposto.

Prima di arrivare in Lab nel 2008, ho avuto altre due esperienze da neolaureato in chimica nel settore delle materie plastiche. Mi sono occupato del controllo e qualità, ma anche di R&D e caratterizzazione delle materie plastiche, prima sul campo del PVC, poi del polietilene. Poi mi ha chiamato LabAnalysis.

La cosa particolare è che non ho mai dovuto mandare un curriculum, ma solo caricarlo su AlmaLaurea; poi mi hanno sempre chiamato le aziende. E io ho accettato subito tutto perché avevo l’obiettivo di lavorare in tre aziende diverse nei primi tre anni, per variare il mio background, e ce l’ho fatta.

Dopo i primi mesi sono entrato appunto in LabAnalysis, in un campo nuovo rispetto a quello che facevo prima, passando da R&D industriale al settore ambientale. Dopo tre mesi, praticamente appena arrivato, sono diventato Responsabile di Settore, e poi c’è stata la crescita: ho ampliato il mio settore e poi il campo d’azione nel gruppo. Devo dire che non me lo aspettavo. Era un ruolo importante, per cui erano richieste capacità e preparazione, ma normalmente non ho paura di progetti nuovi, e quindi alla fine ho deciso di accettare la sfida. Ma qua bisogna abituarsi ai cambiamenti, perché non ci si annoia mai.

L’obiettivo alla fine è sempre crescere. Il mio motto è “mai tornare indietro”.

Qualcosa da aggiungere?

Se posso, vorrei comunque ringraziare tutti i miei collaboratori, ma soprattutto vorrei dedicare il mio percorso a mia moglie e mia madre, che mi hanno sempre supportato e creduto in me.

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